Senegal, Maggio 2016
Insieme alla nostra guida Philomene visitiamo l’antica isola di Goree, dove aveva inizio la tratta degli schiavi. L’isola infatti è come un ponte che si slancia verso le Americhe; dinnanzi all’isola l’orizzonte è pulito, solo oceano e lontano, lontano le Americhe. Un luogo di incredibile bellezza e dolore.
Philomene, una stella polare che ci ha guidato alla scoperta della vera essenza del Senegal
Philo, così con un nome, si può riassumere la mia esperienza in Senegal. La sua multiforme personalità, la sua competenza e professionalità, il suo amorevole buon senso, il suo volto bellissimo, il suo fisico slanciato e la sua profonda umanità rappresentano il condensato del bello e del buono che questo paese può esprimere. Intelligente e sensibile, col suo perfetto italiano appreso durante il corso di studi ad Urbino, è stata la nostra stella polare che ci ha guidato alla scoperta delle tradizioni, dei popoli, delle culture, della storia e della straordinaria natura del suo paese. Ci accompagna e ci seguirà sempre la competente, discreta e buona Philo. Il suo volto esprime la gioia e la fierezza di un popolo, ma anche l’amarezza delle tragiche contraddizioni presenti in questa parte d’Africa. Tradizioni religiose estremiste che producono violenza, la storia coloniale che ha comportato soprusi e sfruttamento, le navi cariche di schiavi che partivano da questa terra.
La capitale, Dakar
Arriviamo in terra d’Africa, ed è vero … i colori del cielo sono profondi, intensi, costituiscono un tratto essenziale del continente. Dall’aeroporto di Léopold Sedar Senghor, in circa un’ora giungiamo nella capitale, Dakar (circa 3 milioni di abitanti), adagiata sulla penisola che si immerge nell’oceano, punto di partenza per il grande salto verso le Americhe; una posizione che tragicamente è stata strategica per la vergognosa tratta degli schiavi. Come molte città d’Africa in espansione urbanistica e demografica. Anche qui grandi contraddizioni del nostro mondo, tra miserie e ricchezze, tra opulenza e indigenza. Dakar è meno aggressiva di altre metropoli africane. Ci mostra insieme modernità e tradizione e sarebbe ancora in tempo per scelte equilibrate e non distruttive.
Isola di Gorée
Andiamo subito al porto, ed è un esplosione di profumi, suoni, variopinta e multiforme ricchezza umana che ci accompagna fino al nostro imbarco sul traghetto che effettua il servizio verso l’isola di Gorée situata 3 km al largo di Dakar. I controlli all’imbarco sono accurati, recentemente gli attentati di matrice islamica in Burkina Faso e in Benin hanno innescato maggiore cautela. Grazie a Philo riusciamo ad imbarcarci.
L’isola ha solo una piccola spiaggia, situata dentro il porticciolo; è minuscola, senza strade asfaltate e misura meno di 1 km quadrato (0,36) è lunga circa un chilometro e larga 300 metri, (circa 2.000 abitanti), ma la sua portata storica è tragicamente enorme. E’ stata proclamata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO dal 1978 per il suo forte valore evocativo e simbolico: dal XV al XIX secolo ha rappresentato il più grande centro di commercio di schiavi della costa africana, usata per i tragici imbarchi fino al 1848, anno della definitiva abolizione della schiavitù nei territori francesi. Oggi l’isola vive di turismo e percepisco il forte contrasto tra la suadente atmosfera della natura che ci ospita, la sincera e buona accoglienza degli abitanti e delle piccole strutture per l’ospitalità e il drammatico carico di sofferenza che si tocca con mano visitando i luoghi del disonore, in cui arrivavano gli uomini ridotti in schiavitù, strappati da ogni affetto, trattati come bestie e poi quelli che riuscivano a sopravvivere, caricati sulle navi negriere e avviati verso un destino fatto di dolore, di violenza e di morte.
La Maison des Esclaves
Nella Maison des Escalves trovo alcune tracce del passaggio di Giovanni Paolo II e di Barack Obama più queste parole: Milioni e milioni di uomini, donne e bambini, oggi dicono no alla miseria e alla vergogna, perché gli uomini ieri schiavi dei potenti hanno affermato in cuor loro di essere uomini. E molti sono morti da tre secoli in modo che nessuno se ne dimentichi mai.
Trovo un po’ di sollievo, cerco un po’ di pace, provo a trovare pensieri positivi, passeggiando fin verso la piccola collina che domina l’isola, chiamata Le Castel, c’è un po’ di musica suonata con strumenti caratteristici e un suggestivo mercatino artistico che presenta dipinti e opere di pittori e scultori che vivono sull’isola.
Testi di Marino Garfagnoli
Foto di Marino Garfagnoli